Premio internazionale Isola d’Elba R. Brignetti
10 Ottobre 2023Elba un’Isola da Amare
11 Ottobre 2023La Grande Traversata Elbana (GTE) è il lungo e suggestivo itinerario che, per diversi sentieri e diramazioni, segue i crinali delle dorsali dell’isola, percorrendola tutta da est ad ovest. La GTE parte dal Cavo, che guarda Piombino ed il continente, per giungere fino alle pendici occidentali del massiccio del Monte Capanne. La conclusione ideale è il Santuario della Madonna del Monte, alto sopra Marciana, fra le rocce di granito del Monte Giove. Qui da tempo immemorabile sgorga una fonte perenne. Nel riparo naturale offerto da un acrocoro[1] di massi granitici, non lontano dal santuario, si trovava un insediamento di pastori preistorici. La salita per arrivare al santuario è scandita da quattordici cappelle della via Crucis, come quelle che generalmente portano ai sacri monti italiani. Sotto il sole il sentiero è duro, immerso in una natura fatta di rocce e cespugli, priva di alberi che diano ombra, ma la fatica è temperata dalla vista che si apre sulle valli e sulla distesa azzurra del mare elbano. Poi d’improvviso ecco aprirsi il piazzale, con i secolari castagni dai tronchi massicci, contorti e nodosi, che hanno visto Napoleone e San Giovanni della Croce, il condottiero di eserciti ed il condottiero di anime. E poi ecco l’acqua che sgorga fresca ed incontaminata di fronte all’ingresso della piccola chiesa.
È proprio l’acqua che a mio parere indica il senso nascosto del lungo itinerario, dal Cavo alla Madonna del Monte. Sul Capo Castello del Cavo sorgeva una grande villa romana dai giardini lussureggianti terrazzati a strapiombo sul mare. L’approvvigionamento idrico della villa proveniva da sorgenti lontane, l’acqua delle quali, canalizzata ingegnosamente con lunghissime tubazioni in cotto, si raccoglieva in una grande cisterna con tre camere a volta, costruita sul colle del Lentisco. Sulla copertura della cisterna fu realizzato un tempio rettangolare, al quale si accedeva da un’ampia scalinata, dedicato probabilmente ad una femminile divinità delle acque. La terrazza del tempio dominava la valle, la villa, il mare e spingeva lo sguardo fin sul continente. La cisterna ed il tempio ci sono ancora, nel passare dei secoli trasformati in casa colonica, a cui la cisterna faceva da cantina. Non distante, l’eclettico Mausoleo Tonietti, progettato da Alfonso Coppedè nei primi anni del ‘900, segna l’inizio della GTE. La cappella – torre funeraria sublima la morte dall’oscurità della terra alla luminosità del cielo, attraverso la rigenerazione di un fuoco spirituale i cui simboli pervadono la decorazione del mausoleo. L’acqua e il sole sono le fonti della vita: una emerge dalle profondità della terra, l’altro accompagna col suo moto apparente la cupola celeste. Il sole è fuoco, calore e luce, ma da solo non porta la vita, perché questa ha bisogno dell’acqua. Agli antichi veniva dunque spontaneo pensare che al lui spettasse una compagna, la Luna, signora della notte, signora delle acque, che regola le maree ed i cicli femminili. In questa coppia celeste, il sole rappresentava il principio maschile, la luna quello femminile. Acqua e luna sono sempre state misteriosamente connesse. In antico erano femminili sia le divinità legate alla luna che quelle delle acque. Molti pozzi sacri della Sardegna sembrano collegati a culti lunari: in quello grandioso di Paulilatino, ciclicamente la luna si proietta sull’acqua attraverso un foro circolare nella cupola.
La Grande Madre preistorica, presso le civiltà antiche prese via via i nomi di Ishtar, Astarte, Iside, poi Afrodite e Venere, l’alma Venus di Lucrezio, generatrice della natura. Il Cristianesimo ha poi assorbito nel proprio culto molte delle tradizioni, dei simboli e delle feste pagane. Così nella figura del Cristo è confluito l’antico simbolismo solare; e la festa solstiziale del sol invictus, quando la luce sormonta la tenebra, divenne il Natale. Così i culti lunari confluirono nella venerazione della Madre di Dio, nella quale si rispecchia l’ancestrale credenza in una femminilità celeste, la consapevolezza che il maschile ed il femminile sono entrambi presenti nell’unità divina.Non meraviglia dunque che il Cristianesimo abbia spesso costruito le proprie chiese in luoghi che già erano stati sede di templi pagani, rispettando quelle particolari località della terra sacre per loro natura perché vi si condensano energie che, trasmesse alla psiche, rendono più chiara la percezione del divino. Il piccolo santuario elbano sorge in un luogo sacro fin da epoche remote per le acque sorgive elargite dalla Madre Terra, sulle pendici rocciose di un monte bicipite, il Giove.I monti con due cime sembrano racchiudere anch’essi una sacralità celeste. Nella sella del Monte Giove, le cui vette sembrano rimandare ai seni della donna ed alla falce lunare, sono stati rinvenuti molti reperti dell’età del bronzo, riferibili probabilmente ad offerte di un insediamento cultuale. In un altro luogo, sacro da millenni, la Val Camonica, due opposte montagne stringono la valle, il Pizzo Badile e la Concarena. Agli equinozi, l’alba disegna nel cielo la sagoma piramidale del primo, mentre il tramonto vede il sole incastonarsi tra due opposti picchi della Concarena, come un prezioso gioiello in una corona. Le rocce della valle sono piene
di incisioni rupestri, segni sacri, propiziatori, dell’antico popolo dei Camuni. I due monti ripropongono il simbolismo della coppia celeste, il Sole e la Luna, il Padre e la Madre, la deità maschile e quella femminile. Se ci pensiamo, è lo stesso rapporto che gli antichi potevano scorgere tra il Capanne ed il Giove, l’uno figura del Dio e l’altro della Dea. Non sarei sorpreso di scoprire che, da un qualche luogo dell’Elba in particolari giorni dell’anno, sia possibile vedere il sole incunearsi, nella discesa verso occidente, fra le due cime del Giove.Nel luogo della fonte sacra, forse già nel XII secolo, fu costruita la chiesa di Santa Maria al Monte[2], dedicata a Maria, la fons admirabilis come la definisce un salterio di Cluny. Troviamo citata questa chiesa in un documento del XIV secolo, mentre più tarda sarebbe l’icona della Madonna Assunta che, dipinta su roccia, vediamo oggi sull’altare. La Vergine vi è dipinta all’interno della mistica mandorla, che per gli antichi fu simbolo del passaggio tra il mondo della materia e quello dello spirito, fra la terra ed il cielo, fra il tempo e l’eternità, come vagina soprannaturale che introduce alla dimensione in cui le leggi naturali si dissolvono. Di fronte all’ingresso della chiesa, alla fine del XVII secolo fu realizzata un’elegante esedra semicircolare che incanalava le acque sorgive in una triplice fonte. Il culto pagano della dea Madre si traspose così, senza soluzione di continuità, in quello di Maria, icona di un eterno femminino celeste che si manifesta come tale nel tempo.
Ecco dunque come la GTE assuma la natura di un percorso esoterico che, immerso nel silenzio di un esile confine tra terra e cielo, dalle acque racchiuse nell’oscurità di una cisterna e dal sepolcro Tonietti, entrambe immagini del mondo ctonio[3] e della morte iniziatica, ascende al monte dove sgorgano le “chiare, fresche et dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par Donna” come recitano i versi sapienziali del Petrarca; là dove la Donna eterna introduce in una dimensione fuori dal tempo.
[1] Altopiano; massiccio montano spesso circondato da contrafforti montuosi più elevati.
[2] Santuario della Madonna del Monte.
[3] Sotterraneo; secondo la mitologia greca, appartenente all’abisso, alle profondità terrestri.
L’articolo, scritto da Renzo Manetti, architetto e srittore, è stato pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2022/2023.