Pianosa… l’Isola laboratorio della conoscenza
14 Novembre 2023Viaggio alla scoperta delle isole dell’Arcipelago Toscano
17 Novembre 2023Jean François Revel, scrittore, giornalista e filosofo francese (1924-2006) nel volume 3000 anni a tavola, uscito nel 1980, si distingue da tutti gli altri autori di libri sulla cucina perché il suo testo va oltre il ‘libro di cucina’: è un viaggio culturale nella gastronomia di tutti i tempi, un percorso nel gusto e nella sensibilità gastronomica, dove la cultura orchestra il susseguirsi dei piatti. La vera cultura di un popolo la si trova su quella piccola isola che è la tavola e se la tavola si trova su una ‘vera isola’ bisogna ripartire con ricerche, sperimentazioni, recupero di antiche tradizioni per ricreare gusti e antichi sapori così da risvegliare sensi assopiti: la valorizzazione di piatti tipici, fra tradizione e dotta cultura, offre all’ospite curiosità aggiuntive rispetto a quella competenza del territorio dell’Isola conosciuta nel mondo per l’ambiente naturale ed i suoi minerali. Ritrovarsi con “le gambe sotto la tavola” può essere molto di più che soddisfare un’esigenza primaria connaturata, molto di più che socializzare con veraci isolani, molto di più che divertirsi in straordinari abbinamenti dove colori, forme ed aromi dei cibi ripropongono quelli della terra, del mare e dei profumi mediterranei. L’essere Isola, oltre a costituire una caratteristica geografica ben definita, racchiude un infinito insieme di valori, sensazioni ma anche difficoltà insite in quella che è la peculiarità più tangibile di questi piccoli territori: non essere neanche un’appendice della terraferma, ma un “coriandolo” assediato dall’acqua che a volte sembra voler inghiottire, accentuando questo isolamento, molto più forte nel passato, così da formare un microcosmo dal quale si deve trarre tutto quello che la vita richiede. La valorizzazione e l’esaltazione delle nostre risorse rafforzano la nostra identità che dobbiamo far conoscere al mondo, un’identità di radici isolane che deve offrire, a chi non ha avuto pari opportunità, un patrimonio fatto di una natura talvolta selvaggia ma densa di suggerimenti per ritrovarsi in equilibrio tra idealismo e quotidianità. L’Elba e le altre isole dell’Arcipelago Toscano possiedono la bellezza, la diversità e il fascino di un’alchimia salmastra e terrestre dove si può non essere assediati dal mare anche se questo le circonda perché i profumi delle ginestre, i paesi a misura d’uomo, le architetture e il territorio fanno venire meno i confini geografici per la loro ricchezza e varietà. È arrivato il tempo per sviluppare un archivio per la conoscenza di queste realtà, cercando di far comprendere l’unicità dell’ambiente elbano e di tutto l’Arcipelago e avendo maturato la consapevolezza che l’aspetto più vero e caratterizzante di questo “popolo circondato dal mare” è stato trascurato non avendo visto la piccola isola che esiste in ogni casa, in ogni famiglia, in ogni ambiente dove, soprattutto se fuori il mare infuria, si socializza mettendo “le gambe sotto la tavola”.
La tavola come punto di ritrovo della famiglia dopo una giornata di lavoro, la tavola come momento di socializzazione tra amici, la tavola come momento di gioia, di festa, di ricordo, di meditazione e non solo di mero sostentamento ma espressione di alta cultura. Grazie alla tavola, la semplice necessità di nutrirsi ha visto sviluppare la fantasia per valorizzare al meglio i prodotti della terra e del mare che talvolta venivano a mancare per l’inclemenza del tempo e i capricci delle stagioni. Il merito va soprattutto alle donne, che di madre in figlia, hanno tramandato fino a noi i segreti e le ricette dove la povertà di un tempo ha costruito la forza di una creatività che a tavola esalta i sapori e i profumi dall’unione dei prodotti del mare e della terra. Questa capacità di valorizzare i prodotti è frutto di una esperienza secolare che ha dato un’impronta particolare alla cucina come espressione del carattere e della cultura di questo popolo di mare. Per questo non deve meravigliare la ricchezza dei piatti, ricchezza che non ha eguali; basti pensare che, all’Elba, su un superficie di soli 223,5 km quadrati c’è una varietà di ben 4 dolci tipici. In nessun’altra parte del pianeta su una pari superficie c’è altrettanta scelta, la fantasia ha superato i limiti imposti dall’insularità con la ‘schiaccia briaca riese’ caratterizzata da un colore rosso in quanto Rio, avendo una marineria che permetteva scambi commerciali, si trovò ad avere la disponibilità dell’alchermes liquore, che utilizzava come colorante la cocciniglia, gradito ai Medici e prodotto a partire dal XV secolo. La difficoltà dei collegamenti e i ridotti scambi con la terraferma non impedì a Capoliveri di avere un proprio dolce caratteristico analogo e conosciuto come ‘schiaccia briaca capoliverese’.
Il versante occidentale si caratterizza per il ‘corollo’ originario della zona di San Piero e Campo e della ‘pugginca’ ‘schiacciunta’ frutto di influenze derivanti dall’attività stagionale di carbonai e legnaioli provenienti dalla terraferma per lavorare nei paesi montani di Poggio e Marciana, dolce, quest’ultimo, che ha una sua caratteristica, unica: per fare le porzioni non si usa il coltello ma un deciso ‘colpo di dito’. Questa cultura della tavola, che è quella più vera e profonda per conoscere e vivere un territorio, è la più intima e vicina alla terra da cui trae origine e non può più essere trascurata. Prendiamo esempio da Jean François Revel e lasciamo da parte i ricettari sviluppando una ricerca tra gli anziani e gli ultimi testimoni della cultura culinaria isolana per non perdere parte delle nostre radici. Ciò che fino ad oggi non è stato scritto non è detto che sia andato perduto come dimostra l’attività dell’Accademia della Cucina Italiana che, rimanendo in tema di dolci, arricchirà il settore con la ricetta della ‘montenegrina’, un dolce che per la tipologia degli ingredienti non è in uso al ‘popolo elbano’ ma proviene da un’isola vicina, l’isola di Montecristo la cui ricetta sembra essere stata introdotta nel campese dalla famiglia del guardiano dell’isola quando era frequentata dalla Regina Elena alla quale piaceva molto degustarla durante i suoi soggiorni nell’allora riserva reale di caccia. Confrontiamoci con i compagni di tavola! C’è ancora molto da scoprire prima che il tempo abbia il sopravvento. Nella memoria delle nostre nonne sopravvivono ancora semplici ricette che rappresentano un’esaltazione dei sapori e profumi insospettabile: una semplice crema di ‘nero di polpo’ da spalmare su un crostino di pane… un modo esplosivo per iniziare un pranzo come altrettanto esplosiva e altrettanto semplice la considerazione della signora che la prepara da decenni dopo averla appresa dalla madre: la frase ‘…una volta non si buttava nulla…’ rappresenta l’esaltazione della semplicità e della fantasia. Rinnovare i valori della tradizione per non perderli e per riappropriarsi, senza limiti, di un isola-tavola dove ritornare padroni, per un momento, del proprio pensiero grazie alla biodiversità dei prodotti e della cultura che li ha trasformati… Chiudiamo aggiungendo un posto a tavola per far partecipare alla nostra mensa le altre isole e chi non ha avuto la fortuna che abbiamo avuto noi che, seppure piccoli e diversi, abbiamo, proprio nella diversità, la possibilità di donare i veri sapori della terra, del mare ma, soprattutto, della vita.
L’articolo, pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2021/2022, è stato scritto da Mario Ferrari, ex-sindaco del Comune di Portoferraio e autore di varie pubblicazioni.