
Il Granduca Francesco I de’ Medici ed il suo possedimento elbano
30 Gennaio 2023
Donne di mare e di miniera
14 Marzo 2023I Medici “scoprirono” l’Elba nel 1548, quando la tolsero ai suoi antichi signori, i d’Appiano, con l’intero Stato di Piombino, consenziente non disinteressata la Corona imperiale. Essi vi inviarono un ampio spiegamento di uomini e di mezzi necessario alla realizzazione di un centro fortificatoil cui nome aulico, Cosmopolis, scaturito dal colto entourage del Duca Cosimo, sarebbe stato messo in sordina da quello di Portoferraio, già vivo in varie forme nella toponomastica medievale. L’isola possedeva un dispositivo di difesa, che il commissario del Duca Girolamo degli Albizi fu incaricato di censire e di acquisire nei suoi diversi elementi. Egli demandò il compito ad alcuni suoi ufficiali, tra cui Giuliano delle Vedove da Empoli, che ebbe come meta la rocca del Volterraio. Questi vi si recò con sei soldati per riferire – il 29 giugno direttamente al duca attraverso una lettera – di aver steso l’«inventario delle poche chose» che vi erano custodite con un Giovanni Volpi da Piombino; inventario fatto oggetto di rogito dallo stesso Volpi, ad ogni evidenza notaio, e di aver constatato come nel luogo non vi fosse «niente di vettovagle di sorte alcuna». A quest’ultimo proposito si era preoccupato di rivolgersi all’Albizi, che aveva ordinato di provvedere alla sua intendenza. Dopodiché aveva pensato a se stesso, affidando alla lettera lo stato d’animo che gli procurava il soggiorno in quell’oggettivamente inospitale nido di rapaci: «[…] a me non parria grave andare nel fuocho nonche in uno loco simile, per servire a quella ardirò dirgli che trovandomi giovane e dio grazia di buona prosperità da possere servire a travagliare, saria desideroso servire in altro locho che risserrato»; brano che rendiamo liberamente per una più facile comprensione, come segue: «Io, per servirla, sono disposto ad andare sia nel fuoco che in un luogo come questo, tuttavia essendo giovane e, grazie a Dio, in buona salute tanto da poter lavorare, desidererei non farlo qui, chiuso come in galera».

Considerazioni più ampie fece, dopo di lui, il 30 giugno, l’Albizi, rivolgendosi a sua volta al duca, avvertendo innanzitutto di aver ordinato l’estromissione dalla rocca di Giovanni Volpi, già “commissario di tutta l’Elba” per Piombino, oltre che notaio, il quale, come “homo d’ingegno”, poteva rappresentare un pericolo, per soffermarsi poi sul valore strategico della rocca stessa, che definiva “inexpugnabile”, essendo che, come si tramandava, «né el Valentino né Barbarossa la potette havere». Essa gli appariva come il fulcro delle difese dell’isola, sorta di mastio guarnito da un “precinto”, ovvero un articolato avancorpo, di cui parlano un disegno settecentesco e alcuni residui tratti murari, capace di contenere «due o tremila huomini a un bisogno», utilizzabili come massa di manovra per operazioni sul territorio. Il complesso, pur nella chiara enfatizzazione della capienza del “precinto”, non poté non rappresentare una garanzia per la nascente, vulnerabile Cosmopolis, minacciata da vicino da nemici potenti, quali i Francesi e gli Ottomani. La sua funzione fu poi, in breve, oscurata dalle fortificazioni di Cosmopolis, tra le maggiori del Mediterraneo, fino a divenire gradualmente inapprezzabile. Si ricorderà che nel giugno del 1769 il Granduca Pietro Leopoldo di Toscana, visitato l’antico baluardo, ritenne di poter scrivere nel suo diario: “Non serve a niente”.
L’articolo è stato scritto da Gianfranco Vanagolli, Presidente onorario di Italia Nostra Arcipelago Toscano, per il magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2022/2023.
Per approfondimenti si rimanda a Gianfranco Vanagolli, La rocca del Volterraio e il dispositivo difensivo dell’isola d’Elba nel Cinquecento. Note preliminari a un’indagine organica, in Atti del Convegno su Marciana: un passato al futuro, Marciana, 4-5 novembre 2017, “Rassegna di archeologia”, 26/2018.
